Arlecchino il re dell’inferno, il lato oscuro di arlecchino maschera: demone o altro? maschere italiane
Il carnevale trae la sua origine in tempi antichissimi dove esisteva già arlecchino maschera, ma che era uno dei re dell’inferno. La similitudine era la seguente: essendo carnevale una festa in cui tutti fanno tutto, in cui c’è caos e tutto viene perdonato, per molti era la rappresentazione di un “inferno”. Indovinate quale personaggio era quindi colui che agitava le folle e creava ancora più caos? Chi era il re? Arlecchino.
Però le prime immagini di arlecchino erano realmente demoniache e sataniche. Il berretto era a due punte, similarmente a delle corna del diavolo. Il volto era nero, come la maschera annerita dalle fiamme dell’inferno. Tanti i colori caratterizzavano il suo corpo che era “mimetico”, cioè in grado di nascondersi nella natura e tra la folla, ma che era uno dei vestiti del diavolo: Erlik Kan. Una piccola curiosità nasce poi dalle sue calze. Nel vero costume di arlecchino maschera possedeva delle calse rosse e scarpe nere, che in realtà erano delle zampe caprine completi ci zoccoli.
CARNEVALE FESTA SATANICA?
Torniamo a parlare di carnevale che è molto antica. I primi festeggiamenti risalgono agli antichi romani con le: feste Dionisiache derivanti poi dai Saturnali di natale.
Rituali e festività nati per propiziare la fertilità della terra. Durante queste feste si realizzava uno scioglimento degli obblighi morali in modo da dare sfogo all’istinto animale e primordiale dell’essere umano. Quindi era possibile dare sfogo allo scherzo e alla dissolutezza. Era un capovolgimento caotico anche dei ruoli personali perché i servi si scambiavano con i padroni e viceversa, per rimettere: un ordine e un rinnovamento sociale. Praticamente si ricordava all’essere umano che diventare padrone o schiavo è un “caso” e nella vita è possibile avere un capovolgimento della condizione sociale. In seguito era possibile eseguire dei banchetti e sfilate.
La festa dei folli, arlecchino il re
Il termine: carnevale, significa in latino: carnes, cioè: levare, togliere la carne. Allude ai giorni quaresimali dove non si può più mangiare carne.
Fu nel medioevo, con la religione cristiana, dove regnava la severità e l’austerità, che essa venne trasformata nella “festa dei folli”, in cui ci si poteva scatenare tra balli e canti e soprattutto travestimenti. Era impossibile riuscire a sopprimere questa festività, anche perché essa durava giorni e giorni, addirittura settimane. Molto radicata all’interno della vita rupestre e della campagna.
Tuttavia, proprio il popolo, continuò a festeggiarlo avendo il suo re, cioè con la presenza di arlecchino maschera. Infatti questo essere divenne l’emblema di carnevale. Un pagliaccio, se vogliamo dire, ma che faceva parte delle maschere italiane che erano sia demoni che divinità presenti all’interno della religione dell’antica Roma. Una religione pagana, ricca di satiri e non solo.
Nel rinascimento i carri esibivano le ricchezze dei signori e permettevano al popolo grandi festeggiamenti i carri allegorici che sfilavano per le vie di tutta Italia.
Carri allegorici, storia carnevale
Però i carri allegorici rappresentavano scene mitologiche o episodi della bibbia ed è per questo che vediamo che tale tradizione è ancora oggi esistente, ma soprattutto rappresenta un culto importante a livello di religione pagana.
Le maschere carnevale sono sempre esistite, in tutte le culture e si sono perfezionate con il tempo. Esse servivano per celarsi e nascondersi agli occhi della gente, per non farsi riconoscere nei giorni in cui si faceva baldoria. Le maschere italiane più famose sono quelle di Venezia.
Tuttavia vediamo che le maschere regionali italiane e le maschere regionali italiane si sono diffuse grazie all’arte della commedia di strada che raccoglieva e raccontava leggende popolari. Le più famose sono appunto: Gianduia, Arlecchino, Pantalone e Colombina, innamorata di Arlecchino. Meneghino con Stenterello. Rugantino e pulcinella, fino a Peppe Nappa, ma sono molte altre.
Una tradizione che con il tempo si è ingrandita per la gioia di tutti. La maschera di arlecchino è altrettanto antica con una lunga storia che si è arricchita e modificata con il tempo. Da un demone degli inferi a uno burlone dei nostri giorni.
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Arlecchino maschera diavolo celtico
Arlecchino maschera è una delle più famose maschere regionali italiane ed appartiene alla commedia dell’arte, cioè alla nostra cultura più antica. Però il personaggio arlecchino, non è immaginario, poiché la sua origine e molto più antica.
Il suo nome trae origini arrivano dalle leggende nordiche scandinave-germaniche proviene da Hallequin che significa: seguace di Hell o di Hel. Chi era questa divinità celtica? (nel link a fine paragrafo troverete tutte le informazioni su questa divinità).
Hel o Hell era il nome della figlia di Loki, la regina dell’oltretomba. I morti la seguivano nelle sue processioni o cacce selvagge, nelle scorribande delle anime dei morti che correvano nei cieli e sulla terra. Hell aveva un aspetto molto particolare. Per metà del suo corpo era una fanciulla bellissima con i capelli scuri mentre l’altra metà era quella di un cadavere con capelli bianchi.
Oltre a questo, si pensa che il nome e il costume di Arlecchino maschera sia poi stato accomunato ad un demone dal nome: holle konig (altri lo conoscono come Erlik Kan), cioè il: il re degli inferi e oscuro signore degli elfi. Derivazione germanica.
Secondo alcune leggende Erlik Kan (ripetetelo ad alta voce è sembra che la pronuncia sia: arlecchino) si veste con i brandelli degli abiti dei soldati uccisi. Per venerarlo venivano offerte stoffe pregiate e multicolori che venivano cucite insieme per farne un abito. Esso quindi da dove l’arlecchino costume deriverebbe. Tant’è che appunto il suo abito o costume è composto da molti pezzi di stoffe uniti tra di loro.
Comunque da Erlik Kan cambia poi il dialetto norreno che identificava appunto il demone o re degli inferi, con il nome di hallequin.
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Dante sommo poeta sognò alichino
Erlik Kan venne italianizzato in Alichino da Dante Alighieri. Il sommo poeta fu ispirato da questo diavolo ed appunto utilizzò il nome, per uno dei suoi diavoli nel XXI canto dell’inferno. Inserì nelle malebranche diaboliche, truppe dell’inferno che dovevano controllare le anime immerse nella pece bollente. Alichino, che era si un diavolo, ma un credulone, rimase giocato da un’anima dannata che, provocandolo e divertendolo, lo fece finire nella pece bollente e l’anima dannata riuscì a salvarsi. La scena di questa danza che riuscì a ingannare Alichino divenne addirittura comica.
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Demonio del medioevo
Nel medioevo e con il cristianesimo, la figura del demonio era molto temuta! L’unica cosa sensata e più naturale per esorcizzare il demonio, satanassi, diavoli e satana, era pregare.
I rari gruppi teatrali, pagati da signori e chiesa, rappresentavano scene di carattere religioso in cui il male doveva essere scacciato. Il bene e il sacrificio trionfavano su tutto. In questo modo si insegnava ai bambini, quando la chiesa fosse importante, ma ancora di più si inculcava nella mente dei più piccoli la religione cristiana andando a sradicare le culture rupestri, pagane, quelle antiche che ancora oggi persistono.
Ad ogni modo, grazie agli spettacoli teatrali di strada, si insegnavano i passi del vangelo, ma accanto al teatro religioso continuò a vivere il teatro popolare. Quest’ultimo era fatto di battute comiche, capriole e scherzi, di acrobati e giocolieri che si esibivano nelle fiere e mercati.
Un’altra figura popolare immancabile era il giullare, il pagliaccio, dal vestito colorato. Un buffone che girovagava per le città, ospitato da nobili e da gente di strada, che era appunto Arlecchino maschera. Il suo richiamo ad Erlik Kan, il diavolo che poi era italianizzato con il nome di Alichino, era temutissimo.
La chiesa “uccide” arlecchino
A questo punto, per decisione della Santa Chiesa, il pagliaccio, il buffone di corte venne eliminato, nel senso che la sua figura fu censurata.
Nonostante ciò il teatro di strada sopravvisse. Il popolo, le leggende popolari, la tradizione pagana e tutto quello che era censurato e vietato dalla chiesa, sopravvisse. Per parlare di Alichino si usavano dei nomi in codice, come ad esempio: Hadam de la Halle.
La sua figura poi continuò a sopravvivere anche nel resto d’Europa, tanto che a farlo tornare di moda fu il compositore e scrittore: Arras, in Francia. Negli spettacoli religiosi mise in scena spettacoli profani e come protagonista della sua opera, nel 1262, di fu: Harlequin Croquesots! Un diavolo comico con una maschera nera e un ghigno diabolico. Sulla fronte le corna erano sparite, ma sostituite da un cappello a più punte, alcune dritte ed altre flosce. Indossava un mantello con cappuccio multicolore. Prendeva in giro i vizi e le virtù dei paesani raccontate in modo ironico comportandosi in modo scurrile e facendo gesti osceni.
Ecco che ricomparse Arlecchino maschera. In Italia ci furono alcune rappresentazioni che dovevano esorcizzare il demonio e per camuffare questo personaggio, da Alichino venne chiamato: Arlecchino! Da demone credulone, pieno di potere, venne trasformato in un servo, ma con le caratteristiche del diavolo, furbo, scaltro, ladro, bugiardo, donnaiolo e soprattutto maligno nella sua satira.
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La ricomparsa di arlecchino
Nel 1500 tornò il carnevale, ecco come mai tant’è maschere tradizionali italiane, sembrano comparire tutte in questo periodo. Non è che esse siano nate nel 1500, semplicemente erano state proibite. Prima dalla chiesa italiana, poi da quella francese, ma le leggende popolari e tradizionali non si son ormai dimenticate delle maschere regionali italiane, però tutte ricomparvero in modo scherzoso e ironico nella famosa festa dei folli, cioè a carnevale.
Nella commedia dell’arte lui era una delle figure degli zanni (costoso erano i servi che erano presenti nelle commedie dell’antica Roma). Con la figura dello Zanni si indicava una categoria di servi che si differenziavano perché essi erano astuti e furbi.
I primi zanni del carnevale fu Brighella. Mentre i secondi zanni erano sciocchi o meglio creduloni, ma che avevano furbizia quando volevano usarla, tra questi ritroviamo Arlecchino.
Modifica del costume arlecchino
Il costume Arlecchino maschera venne modificato nuovamente dalla “compagnia dei gelosi”. La maschera demoniaca di Herlequin divenuto arlecchino in Italia, aveva un vestito a rombi colorati, anche per adattarlo alla moda dell’epoca. La maschera copriva il volto del demonio, nera, annerita dalle fiamme dell’inferno, con espressione beffarda e ironica. Perde definitivamente sia le corna (che resistevano in alcune raffigurazioni tradizionali antiche, poiché era un diavolo che si usava per propiziare il raccolto del vino) e perfino il suo capello viene adattato alla moda dell’epoca.
Curiosamente, per coloro che ci tenevano alla maschera tradizionale arlecchino decidono di posizionare sulla maschera, che copriva anche parte della fronte, due bernoccoli. Nella commedia essi erano i bernoccoli dati dalle botte, ma in realtà rappresentavano le corna ormai eliminare del diavolo.
Come mai ci fu questa trasformazione? Ebbene siccome la festa dei folli non diminuiva e non veniva dimenticata dalle leggende del popolo, essa divenne una festa cristiana che rappresentava la quaresima. Però sarebbe bastato molto poco per farla eliminare di nuovo, quindi nei costumi, dov’era proibito travestirsi da satana, diavoli, satiri, pagliacci e buffoni, si decise di cambiare il loro aspetto in modo che: il diavolo fosse invisibile, ma presente in mezzo a tutti noi.
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Arlecchino maschera 200 anni dopo
Nel 1700, continuando a parlare della lunga vita di Arlecchino maschera, venne censurato nelle commedie in Francia per le parole sconce. Troppo volgare per continuare ad essere presente negli spettacoli.
Il passare del tempo e le mode o censure delle epoche, decisero di cambiare anche il dialetto di Arlecchino maschera diventando sempre più veneto, dolce e aggraziato. Si fece anche malinconico, poeta e saggio, ma sempre ladro, servo e furbo.
Arlecchino maschera è una delle maschere italiane carnevale più belle e popolari. Sono numerose le sue interpretazioni in spettacoli teatrali Goldoniani. Forse la più popolare e conosciuta è: “Arlecchino servitore di due padroni”. In cui ritroviamo questo personaggio insieme a Pantalone (altra maschera di carnevale) padrone avido e avaro e a brighella servo furbo e scaltro.
Però c’è un altro grande cambiamento per Arlecchino maschera, si introduce l’amore per Colombina, seducente e vanitosa.
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Curiosità su arlecchino maschera
Arlecchino maschera ha ispirato grandi pittori come Pablo Picasso, Cezanne e altri. Nella musica ed editoria sono nate tante favole e poesie per i bambini. Uno di questi è il “vestito di Arlecchino”, la storia più popolare che si trova perfino nei testi scolastici.
La casa museo di Arlecchino si trova all’interno del palazzo Grataroli ed è di proprietà del Comune di San Giovanni Bianco, a cui è legato l’attore rinascimentale Alberto Naselli. Quest’ultimo ha interpretato Arlecchino maschera nelle principali corti europee. La casa conserva numerose maschere della commedia dell’arte.
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