Giovane Fauno: Aci, il dio dall’amore eterno – origini, storia
Nella mitologia romana è facile confondersi con divinità principali, antiche, primitive e secondarie dove ritroviamo. Aci, il figlio del fauno. La sua storia è legata strettamente al territorio siciliano in cui Aci era amatissimo, venerato e temuto, ma attenzione che si tratta di un personaggio della mitologia romana che poi si ritrova in alcune citazioni della mitologia greca.
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In questo caso dobbiamo dire che la passata trinacria, cioè l’antica Sicilia, era strettamente legata commercialmente e strategicamente alla Grecia.
A causa della sua conformazione territoriale e della facilità delle rotte marittime, la trinacria era continuamente sotto l’attacco della popolazione greca, ma capitava anche il contrario.
Tra le curiosità che vogliamo evidenziare vediamo che: le isole di Polifemo sono le isole di Aci trecca che si trovano all’estremo Nord della Sicilia, sotto la Sardegna. Il paese dei Ciclopi poi è alle pendici dell’Etna.
Perfino il viaggio di Ulisse avvenne sulle coste italiane, citiamo infatti l’incontro con: la maga Circe nel lazio, vicino Roma, con Scilla e Cariddi nello stretto di Messina e poi appunto l’incontro con Polifemo. Dunque è palese che la storia siciliana spesso si è mischiata con quella greca, senza dimenticare che qui c’era la sua storia, vale a dire quella italica collegata alla mitologia romana.
Ora però parliamo di Aci e del suo mito di cui vi innamorerete oppure per cui sarete tanto tristi.
Presentiamo Aci: il figlio del Fauno
Aci viene citato da Ovidio nel libro tredicesimo della Metaformosi. Un giovane satiro che amava suonare il flauto traverso e che viene ricordato per le sue splendide melodie che eseguiva quando portava al pascolo il suo gregge. Nacque dalla Nereide, ninfa marina, Simetide figlia di Simeto, il più grande fiume della Sicilia, e dal Fauno, il dio dei boschi, dell’eros, del sesso e della natura.
Il nome aci nasce da Acis idis che letteralmente significa: Unico per te!
Aci è un bellissimo giovane di circa 16 anni con i capelli ricci e scuri, con due cornette, molto piccole, sulla fronte che alle volte si nascondevano tra i ricci. Come il padre era possente, forte, snello, aveva le gambe da uomo, ma al posto dei piedi possedeva degli zoccoli.
Indossava sempre un serto, cioè una corona di fiori sulla testa o appesi al collo. In primavera ed estate erano freschi e, molte volte, composti da zagare, cioè dai fiori degli aranci. In autunno e in inverno invece i fiori erano secchi, ma ben tenuti, con colori tenui.
Girovaga continuamente nudo, al massimo, quando incontrava altri esseri umani, si copriva con un drappo leggero che stringeva all’altezza della cintola in modo da coprire la parte davanti, cioè la sua “intimità”. Sempre allegro e gioioso. Ballava sotto il Sole oppure correva tra i boschi. Cacciava e offriva il cibo a coloro che incontrava e che si dimostravano amici.
Per allietare le sue lunghe giornate di lavoro, quando appunto badava al suo gregge, costruì, ispirato dal padre, il fauno, un flauto che però era di traverso, differente dalla siringa. Componeva melodie ispirate dal suo stato d’animo, dalla giornata e dalla stagione. Molto spesso lo si incontrava addormentato sotto qualche albero, nei boschi.
A differenza del padre, il Fauno, che era un amante libertino, che amava le avventure e l’eros, Aci è un amante fedele, che pensa al grande amore, unico e solo della sua vita.
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Galatea, l’amante di Aci
Nella Metamorfosi c’è la splendida storia d’amore di Aci e Galatea.
Galatea era una bellissima nereide, anche lei una delle divinità dei mari e dei fiumi. Il suo nome, Galatea, significa: colei che è bianca come il latte. Infatti è una bella fanciulla, bianchissima, minuta e dai lunghi capelli che, si sospetta poiché non è chiaro, bianchi anch’essi.
Come possono, una divinità dei boschi, incontrarsi con una divinità dei mari?
La bella Galatea usciva dalle onde del mare all’alba, al tramonto e al chiarore della luna piena. Passeggiava per ore e ore lungo le spiagge. La sua bellezza attirò tanti spasimanti che spesso aspettavano che uscisse dal mare. Per questo la fanciulla cambiava continuamente spiaggia.
Un giorno, al tramonto, udì uno strano suono, una melodia dolce e così la fanciulla decise di vedere da dove venisse quella musica. Si inoltrò nel bosco che era vicino alla spiaggia. Sotto un albero c’era il bellissimo Aci che si accorse della presenza di Galatea. Quest’ultima fuggì via per sparire tra le onde.
I due giovani, ad un solo incontro, si erano innamorati perdutamente uno dell’altro. Fu così che Aci, nelle notti e giorni avvenire, suonava il suo flauto nelle vicinanze della spiaggia. La nereide alla fine si avvicinò al giovane e i due iniziarono ad incontrarsi sempre alla stessa ora e nello stesso luogo. Divennero amanti e in molti li videro abbracciati, baciarsi o a discorrere insieme. La loro coppia divenne famosa.
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Amore folle del Ciclope
Tutti gli ammiratori di Galatea si ritirarono quando seppero che lei aveva scelto Aci, il dio dei boschi. Si ritirarono tutti tranne il gigante Polifemo, il ciclope figlio di Nettuno.
Costui si era innamorato di Galatea già da tempo. Aveva provato a corteggiarla con i suoi modi grezzi e cercato di adescare la nereide in mille modi, ma lei non aveva mai corrisposto questo amore.
Anzi la fanciulla fuggiva quando udiva i passi del gigante che si avvicinavano. La notizia che Galatea era divenuta l’amante di Aci arrivò alle orecchie di Polifemo che era impazzito per la gelosia, si rodeva e cercava un modo per vendicarsi. Non si dava pace e non capiva come mai la fanciulla lo avesse respinto preferendo un “pastorello”. Tant’è che non credette a quello che gli veniva detto.
Decise quindi di avere la prova del tradimento con i propri occhi. Un amico gli disse dove i due giovani si incontravano. Attese tutto il giorno e fu al tramonto, quando il Sole si era nascosto e ormai giungeva la sera, che vide Aci arrivare con il suo gregge. Il giovane fauno iniziò a suonare il suo flauto e quello era il segnale per Galatea che appena udì la melodia uscì dalle onde per correre incontro al suo amato.
I due ragazzi si baciarono appassionatamente e in quel momento il ciclope saltò fuori dal suo nascondiglio, li maledisse e minaccio dicendo: Questo sarà il vostro ultimo incontro.
Aci contro Polifemo
Il gigante era furioso. Aci fece scudo con il suo corpo mentre Galatea fuggiva via, tuffandosi in mare. Solo allora provò a scappare sapendo che non avrebbe mai potuto vincere contro un gigante. Mentre correva via, Polifemo prese un enorme masso, alle pendici dell’Etna e lo scaraventò sul giovane colpendolo in pieno.
Aci morì schiacciato dal peso del masso. Sotto di esso si formò una pozza di sangue che si allargò fino a raggiungere il mare. Solo allora il gigante si ritirò soddisfatto della sua vendetta.
Galatea uscì dal mare e cercò di salvare il suo amante, ma Aci era morto. Pianse tutta la notte fino al mattino, stremata dal dolore, decise di non allontanarsi mai più dal giovane. Gli Dei ebbero pietà di questo giovane amore, distrutto dalla folle gelosia altrui. Dal sangue di Aci nacque una sorgente che poi formò il fiume Akis, cioè Aci. Il percorso del fiume arriva fino al mare, dove sfocia, in modo che i due amanti, cioè Aci e Galatea, ninfa marina, si possano ancora incontrare.
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Il corpo fatto a pezzi
In seguito alla decisione degli Dei, cioè quello di trasformare Aci in un fiume in modo che si potesse ancora incontrare con Galatea, Polifemo infierì nuovamente.
Il giorno dopo, sollevo il masso e prese il corpo del giovane. A questo punto lo taglio in 9 pezzi scagliandoli e disseminandoli lungo tutto il percorso del fiume in un moto di rabbia e di disprezzo.
Tuttavia da questi “pezzi” nacquero ben 9 bellissime cittadine, che sono:
- Acitrezza
- Acicastello
- Acireale
- AciBonaccorsi
- Aci Sant’Antonio
- Aci San Filippo
- Acicatena
- Aci Santa Lucia
- Aci Platani
Notate anche voi che tutte queste città iniziano con il nome di Aci poiché sono nate proprio dal bellissimo giovane figlio del fauno.
Il fiume Aci o Akis, in origine era un piccolo corso d’acqua, un fiume secondario, che però nasceva, quindi aveva la sua sorgente principale, dal vulcano Etna. La popolazione lo venerava poiché le sue acque, rosse, nutrivano i boschi, i terreni e anche la fauna ittica del mare dove sfociava.
Negli ultimi secoli, a causa delle eruzioni vulcaniche e del movimento del terreno, il suo percorso originale non è più visibile, anche se continua a scorrere sotto la terra. Infatti in alcuni punti e visibile, in altri è parzialmente coperto e in diversi terreni scorre sotterraneo.
Riemerge a Capo Mulini dove sfocia, immettendosi in mare dove poi si è creata, ed è ancora visibile, una sorgente di acqua rossa. Tale colorazione è dovuta ad una grande concentrazione e quantità di ossidi di ferro, ma queste acque sono, ancora oggi, chiamate: sangue di Aci.
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Articolo scritto e pubblicato da: IL BOSCO DELLE STREGHE
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