Attis divinità: chi era Attis il dio romano evirato
Attis e una divinità romana associata alla Gran Madre Terra (Cibele), dea della natura, boschi e animali selvatici. Entrambi ricordano le divinità Frigie di Cibele e del suo cocchiere. Il suo culto era molto diffuso in Lidia e Asia Minore, soprattutto venne adottato e molto venerato in tutto l’Impero romano.
A Roma era venerato in tutte le sue forme primaverili. Questo è il dio della primavera e della vegetazione, come tale muore e si rigenera. Esso incarna poi la: resurrezione! Concetto tipico della Pasqua!
NASCITA DI ATTIS
La sua nascita è particolare. Inizia da un demone, figlio di Zeus, l’androgino Agdistis una creatura selvaggia e lussuriosa, sia uomo che donna, dalla forza invincibile. Per la sua natura, sia maschile che femminile, era ritenuta pericolosa dagli Dei dell’Olimpo. Essi inviarono Dionisio con il compito di recidergli gli organi genitali. Lui lo fece ubriacare e mentre dormiva gli legò con una corda i genitali. Agdistis, svegliandosi e alzandosi di scatto, si auto-evirò. La ferita sanguinante, toccando terra, fece nascere una pianta il mandorlo. L’albero crebbe bello e rigoglioso, carico di frutti. Una ninfa di nome Nana, figlia del fiume Sangarios, si avvicinò per mangiarne i frutti e rimase incinta. Suo padre la rinchiuse in una grotta sperando che morisse di fame, ma la madre degli dei la nutrì finché non nacque un bimbo a cui fu dato il nome di Attis.
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La follia divina
Attis venne abbandonato sui monti e fu trovato da pastori che lo crebbero come uno di loro. Divenne un giovane bellissimo che fece innamorare di sé anche la gran Madre (Cibele) e Agdistis stesso, che era suo padre. Agdistis, sotto i fumi dell’alcool, gli confessò il suo amore.
Tuttavia ad innamorarsi di Attis fu anche la figlia minore del re della città di Mida. Il giovane pastore andò quindi in sposo a questa principessa. Durante le nozze, la Gran Madre (Cibele), cercò di entrare per impedire le nozze. Mentre al banchetto si presentò il selvaggio Agdistis che infuse, tramite i suoi poteri divini, a tutti gli invitati un furore suicida. Ad esserne maggiormente colpita fu la sposa di Attis che si tagliò le mammelle. Un matrimonio in pieno delirio.
Fu a questo punto che il Dio Attis fugge fermandosi sotto un pino e decise di auto-evirarsi e consacrare i suoi genitali ad Agdistis. Dal suo sangue nacquero le viole. Il giovane si lasciò quindi morire. La Gran Madre (Cibele) rendendosi conto della sua stessa follia e di quella di Agdistis ritenne che la morte del giovane era un peccato troppo grave. Cibele decise quindi di riportarlo in vita facendolo diventare il suo cocchiere. Secondo altre versioni, Attis morente venne tramutato in pino per impedire che morisse dissanguato.
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Culto di Attis, la pasqua romana
Il culto di Attis e Cibele, la cui morte e resurrezione era associato al ciclo vegetativo della primavera, in seguito divenne il fulcro della credenza pasquale, all’inizio era riservato un solo giorno all’anno. Poi crebbe gradualmente e si decise di festeggiarlo nei giorni tra il 15 e il 28 marzo, fino ad arrivare ai primi di aprile.
I festeggiamenti del dio evirato
I romani costruirono un tempio per le due divinità sul monte Palatino. I suoi sacerdoti erano chiamati: Coribanti. Essi vivevano segregati nel tempio. Precisiamo che i primi sacerdoti ed adepti, nei primi 100 anni della nascita della città di Roma, erano: evirati! I genitali di costoro venivano offerti al dio Attis come segno di somma devozione.
In seguito, tale pratica fu evirata poiché, per i romani, l’evirazione era un sacrilegio poiché essi avevano il culto della virilità.
Dunque il culto di Attis aveva caratteri misterici ed esoterici. Gli iniziati dovevano partecipare a diversi riti e rituali prima di diventare degli adepti. Abbandonavano il loro stato sociale per acquisirne un altro più puro e spirituale. Similarmente questa è la nascita dei monaci cattolici poiché anch’essi abbandonano tutto per seguire un credo.
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Evirazione del toro
Tra le pratiche che erano sacre al dio Attis ritroviamo la cerimonia dell’evirazione di un toro dove il suo sangue era versato sugli adepti. L’animale simboleggiava la forza fecondatrice della terra. Durante la cerimonia si svolgevano processioni e “lamentazioni” per la morte del dio. I sacerdoti si flagellavano e si ferivano. Il tutto seguito da una danza ritmica ossessiva attorno a un pino che li mandava in crisi estatiche. Si procedeva poi ad una sorta di funerale con il seppellimento di un pino e delle parti anatomiche tagliate dell’animale.
Nei giorni avvenire si trasportavano, in processione, le statue di Cibele e di Attis fino al Almo nell’agro romano, affluente del Tevere. Le statue erano immerse nelle sue acque e lavate accuratamente per purificarle e poi riportate al tempio.
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