Bartoccio maschera perugia, voce del malcontento del popolo umbro
Bartoccio è la maschera di Perugia. Si tratta del costume tipico tradizionale perugino. Il nome è stato “storpiato” nel dialetto della città. Il vero nome deriva da Bartolomeo, comparso, come tutte le altre maschere di carnevale, nella metà del 1500.
La prima testimonianza scritta, in cui c’è la figura di Bartoccio, è nel testo letterario: la veglia villanesca. Qui la maschera è un colono della zona di pian del Tevere, zona agricola produttiva. Non è ricco, ma nemmeno così povero da vestire con stracci. Il suo abito e la sua eleganza sono evidenti. Bartoccio ha una famiglia. La moglie si chiama Rosa, bella contadina che veste ornata di gioielli. Ha una figlia, Santina, non tanto “importante” nella sua storia.
COSA FA BARTOCCIO
Ovviamente le avventure lo vedono impegnato nelle vicende familiari e nei problemi di tutti i giorni. Nella commedia ha problemi anche con il genero e compare: Mercarone, personaggio schietto e diretto. Bartoccio si esprime nel suo dialetto perugino. Buffo personaggio, un po’ rozzo, ma sagace e gioioso, saggio e previdente. Non inventa intrighi e nemmeno fa il ruffiano. Non è nemmeno un imbroglione, come tante altre maschere. Però è un criticone, infatti non fa altro che criticare i problemi del suo paese, della società e della gente. Coraggioso perché prende le difese dei più deboli. Vuole solo fare valere i suoi diritti e combattere le ingiustizie. Le bartocciate sono delle sfrenate satire sferzanti, criticano politica, chiesa e istituzioni. Una tradizione tipica perugina, che nasce proprio dalla maschera in questione, è quella di scrivere le bartocciate su dei fogli di carta, che sono anonimi, e poi esse vengono lanciate dal carro allegorico durante le sfilate di carnevale dove balla e canta e recita.
Come mai bartoccio è famoso nella sua zona
Ricompare nel 1685 in un manoscritto molto più dettagliato del primo di Francesco Strangolini che narra le vicende di Bartoccio, sua moglie Rosa e il compare Mencarone. Questo manoscritto narra le avventure e le disavventure della vita del suo paese e della sua rivalità con il suo compare Mencatone il quale è invaghito della moglie Rosa.
Bartoccio è la caricatura di un contadino che parla e critica in rima nel suo dialetto che si dimostra particolarmente anticlericale. Contesta apertamente i preti, il governo pontificio, inimicandosi il clero. Verso il 1700 la censura non si fa attendere e lo colpisce duramente per le sue critiche e la satira pungente che istigare la gente. Fu dichiarato dalla chiesa una persona proibita, quindi si provò a far dimenticare la maschera. Durante il risorgimento Bartoccio riprende vigore e quel critico e scomodo contadino diventa l’emblema della città di Perugia. La sua persona non si sottomette. Sempre pronto a combattere e criticare, a dissacrare senza ritegno agitando il suo bastone. Ecco che tornano le famose bartocciate.
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Costume tradizionale
Bartoccio si presenta con un vestito soprabito verde con gilet sotto rosso. Pantaloni fin sotto al ginocchio, di velluto nero. Calze rosse e scarpe nere lucide con grandi fibbie argentate. Indossa un cappello a larghe tese, verde. Ha in mano un grosso bastone (che i perugini chiamano radicone) che agita quando deve far valere le sue ragioni. Furbo e ignorante, come tutti i contadini, a volte volgare. Le sue avventure rivivono nel carnevale di Perugia e nel teatro dei burattini e delle marionette,
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Malcontento popolare
Si narra che nell’800, quando le feste di carnevale erano state vietate, arrivasse un Bertolaccio in costume entrando a Perugia e che si fermasse ai crocicchi, cioè ai crocevia, per leggere le sue bartocciate scritte in rima e in dialetto perugino. Un comportamento similare a Pasquino, la voce di Roma che da secoli e secoli, già nell’antica roma, parlava dello scontento popolare.
Infatti, Bartoccio viene identificata (come maschera tradizionale) con Pasquino, la statua parlante di Roma a cui, mani invisibili, appendevano al collo, durante la notte, dei fogli scritti contenenti le satire in versi più feroci. Naturalmente queste scritte erano anonime e prendevano di mira i personaggi più in vista della città, prendendosi beffe di loro. A Roma esse sono dette: Pasquinate. Mentre a Perugia sono dette: bertocciate.
Ogni mattina le guardie toglievano dal colo della statua questi fogli, ma erano già stati letti dalla gente comune. Divenne presto una preoccupazione per la politica, preti e autorità, tanto che il papa Adriano VI voleva far buttare la statua nel Tevere. Però fu distolto dai cardinali della curia poiché tale gesto sarebbe stato un affronto per il popolo romano, data la leggenda antica. Tuttavia gli attacchi alla chiesa e alla politica continuarono.
Ad ogni modo, le bartocciate, continuano nei carnevali oggi. Esse servono per combattere i malumori e le prepotenze che viene avvertita dal popolo.
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