Ganimede: il ragazzo scandaloso, simbolo del sesso e lussuria!
Lui era il giovane coppiere degli Dei, il suo compito era quello di riempire i bicchieri alle divinità, ma c’è da chiedersi, allora perché è famoso? Non è un eroe, però viene ricordato nella storia, ma per quale motivo?
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Diciamo che lui rappresenta ben 3 tipologie di amore: bellezza, giovinezza, omosessualità. Fateci compagnia per comprendere la complessa figura di Ganimede e di come mai viene ricordato addirittura nelle stelle con la “costellazione di Ganimede”!
Intanto: chi è Ganimede?
Il nome Ganimede viene dal latino: Catamitus, che significa: ragazzo scandaloso! La sua figura è stato un tema molto trattato nel rinascimento e barocco. Un personaggio sia scolpito, che dipinto. Il rapimento del fanciullo da parte dell’aquila, simboleggia parte delle pratiche dell’antica Grecia e nell’antica Roma, dell’amore omo-erotico e dell’iniziazione sessuale dei giovinetti.
Iniziamo con il dire che questo giovinetto è doveva essere, secondo la storia, il principe del re Troo (città che poi prese il nome di Troia) e da una ninfa naiade di nome Calliroe, quest’ultima era figlia di Oceano e Teti.
La ninfa diede alla luce 3 figli che erano: Ilo, Assaraco e infine Ganimede.
Ilo passò alla storia perché fu il fondatore di Troia, nel senso che la città di Troo venne distrutta con il tempo, e Ilo, essendo il primo genito quindi colui che era predestinato a guidare la città, decise di fondare una nuova città, Troia. Le sue mura vennero edificate da Apollo e Poseidone divenendo una città inespugnabile.
Assaraco invece divenne il Re di Dardania, una delle città vicine, poiché secondo figlio era destinato ad allontanarsi dal regno di Troo. Figura che era di secondo piano.
Quale fu il destino di Ganimede? Essendo il terzo figlio, principino più piccolo, doveva divenire uno dei governanti di Troia, ma la sua bellezza era tale che venne notata dalle divinità. Ad innamorarsi di lui, per primo, Tantalo Re di Lidia.
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Chi era innamorato di Ganimede?
Tantalo, notando la bellezza straordinaria di Ganimede chiese a suo padre di poterlo avere nella sua corte con il compito di Coppiere.
Cos’è il coppiere? Per chiunque non lo sappia, anticamente, nelle corti reali, era solito che il Re avesse un coppiere che servisse il vino. Praticamente era una persona che si occupava esclusivamente di servire il Re e di ubbidire ai suoi voleri. Poteva poi servire altri invitati alla tavola, solo se era il Re a decidersi. Un compito che, nell’antica Roma e Grecia, era rivolto principalmente a giovanetti o giovanette, in ordine di età si parla di bambini e bambine dai 11 ai 16 anni.
Tale testimonianza la possiamo reperire direttamente all’interno del passo mitologico che parla direttamente di Ganimede: il più bel giovane imberbe mai nato! Imberbe vuol dire: senza barba.
Ritratto come un fanciullo nudo con capelli ricci e cappello in testa, vicino all’aquila o con una coppa in mano.
Tantalo si vantava di avere Ganimede come coppiere, ma, in alcuni passi scritti sia da Socrate che poi da altri filosofi, si dice che Tantalo ancora non era il mentore di Ganimede che arrivò presso la sua corte in tenera età, intorno ai 10 anni. Avrebbe aspettato ancora 1 anno per poi divenire il suo mentore!
Mentore e Erastes nell’antica Grecia, cosa sono?
Prima di continuare con la storia di Ganimede dobbiamo spiegare cosa fosse il mentore! Oggi si intende una persona, un uomo o donna adulti, che istruiscono un bambino o bambina per determinati talenti, come: musica, canto, poesia, studi e via dicendo.
La parola venne identificato intorno al 500 D.C (IV secolo) in Grecia dalla parola Mevtwp (detto medor) che sta ad indicare: Mente, intelligenza. Dove appunto i filosofi erano dei Mentori verso determinati pupilli. Però essa, a sua volta, deriva dal latino: Mellein che significa Miele, come prodotto, ma vuol dire anche: stare a cuore o avere premura di qualcosa.
Però rimanendo in Grecia prima che la parola venisse modificata dai filosofi per indicare questa figura che “insegnava”, si diceva Erastes. Chi è l’erastes? Praticamente è una persona importante, principalmente un uomo di una certa rilevanza politica, di potere, filosofo o altro, che però aveva un debole per i giovanissimi. Quest’ultimi venivano chiamati Eromenos, cioè un giovane, un bambino dagli 11 ai 15 anni, che lo seguiva, ubbidiva e lo affiancava per tutto il giorno.
Ci sono molti casi storici: Nerone aveva il suo Eromenos che addirittura divenne il suo amante di fronte a tutti, lo stesso Giulio Cesare con Bruto, Socrate con Alcibiade. Saffo e le fanciulle di Tiaso.
Il compito principale dell’Eromenos (o mentore) era appunto educare, formare, istruire, fargli comprendere i valori di lealtà, coraggio e fedeltà, in modo da condurre il suo Eromenos alla vita adulta. Tra le pratiche che conducevano il giovane alla vita adulta c’era l’atto sessuale. L’Eromenos non poteva assolutamente ribellarsi alle “voglie” sessuali del suo Erastes poiché quest’ultimo aveva un potere totale su di lui, tanto che se c’erano atti di ribellione era possibile anche ucciderlo.
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Platone contro gli Erastes
Uno dei filosofi che decise di “contrapporsi” a tale pratica fu Platone che in più scritti parlò della pratica degli Erastes che secondo lui portava ad una dissolutezza e annullamento dei valori di insegnamento. In poche parole lui fu il primo a dire: non possiamo istruire un giovane alla vita adulta usando appunto pratiche dissolute e obbligatorie sessuali. Ciò conduce alla dissolutezza dell’anima.
Da questo momento il termine Erastes si divise da Mentore. I primi continuarono con tale pratica, mentre i secondi, tra cui Platone, indicavano un uomo che ha dei pupilli, ma a cui insegna valori sani senza pratiche sessuali. In questo modo l’allievo può amare il proprio insegnante, ma in modo “platonico” appunto, vale a dire di una venerazione che nasce per ammirazione e non per obbligo sessuale. Tant’è appunto che l’amore platonico è nato appunto da Platone per indicare un amore privo di qualsiasi atto sessuale.
Purtroppo tale pratica era molto in uso sa nell’antica Grecia che nell’antica Roma, era comune ed era un simbolismo dell’amore omo-erotico permesso sotto gli occhi di tutti senza essere giudicati.
Ganimede contro Ebe
Ora tornando a parlare di Tantalo e il mito di Ganimede si narra appunto che lui, figlio prediletto del padre, venne mandato in Lidia sotto la richiesta del Re Tantalo che voleva che il bel giovane divenisse un sacerdote di Zeus. Solo che quando arrivò a corte, notando la sua straordinaria bellezza, Ganimede decise di prenderlo come suo coppiere.
Ricollegandosi allo scritto che abbiamo citato, Tantalo ammise che ancora non era divenuto l’Erastes del giovinetto, avrebbe aspettato un anno. Ciò può derivare, secondo alcune supposizioni, dal fatto che Ganimede aveva appena 10 anni, forse era visto come troppo piccolo per intraprendere questo percorso.
Intanto però Tantalo si vantava con chiunque di avere il più bel coppiere al mondo, la sua bellezza era simile a quella di un Dio. Non solo si vantò di averlo salvato dal divenire un sacerdote di Zeus!
Secondo la mitologia greca, Zeus lo seppe e curioso andò a vedere Ganimede. Invidiò Tantalo che effettivamente aveva al suo fianco il bel principe mai visto, mentre lui aveva come coppiera la figlia Ebe (figlia di Zeus ed Era), la personificazione dell’eterna bellezza e giovinezza. Nonostante la divina ancella, accudiva e serviva gli Dei versando loro nettare e ambrosia, per Zeus non era abbastanza poiché non esiste solo la bellezza femminile, ma anche quella maschile.
Un giorno, mentre Ebe assolveva al suo compito, si era ubriacata. Per sbaglio inciampò e cadde in malo modo mostrando le sue parti intime. Zeus furente la cacciò via e la volle assolutamente sostituire. In un’altra versione è lo stesso Zeus che fa inciampare Ebe per avere la scusa di avere con sé Ganimede.
Zeus cercava un nuovo coppiere e volle il bellissimo Ganimede, giovane imberbe. Trasformatosi in un’aquila, volò fino a Troo, dove il giovane era tornato. Il ragazzo custodiva le sue greggi del padre facendole pascolare nei dintorni della città.
Il padre degli dei Zeus ormai invaghito del ragazzo, lo voleva a tutti i costi. Sottoforma di grande aquila, spiccò il volo e lo afferro con gli artigli, rapendolo.
Lo portò sull’Olimpo è ne fece il suo coppiere oltre che amante. Il suo mito nasce anche per la “sospetta” relazione con il divino Zeus. Tant’è che viene appunto raffigurato vicino ad un’aquila, una delle forme animali prese da Zeus.
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La ricompensa degli Dei
Il re di Troo, padre di Ganimede, quando seppe del rapimento pregò gli Dei che gli restituissero suo figlio che era il prediletto.
Zeus, che non aveva alcuna intenzione di rinunciare al bel giovane, per calmare il dolore del Re di Troo, inviò Hermes con un dono, una coppia di cavalli divini e un tralcio di vite d’oro, opera di Efesto. Infine gli venne regalato un “gallo” simbolo del sacrificio di Ganimede agli dei.
Molti pensano che il simbolo del Gallo rappresentasse proprio il giovane principe divenuto ora proprietà esclusiva di Zeus.
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Tantalo e il rapimento di Ganimede
Nel frattempo, Tantalo, il Re di Frigia, che si era visto rapire, da sotto gli occhi, il proprio coppiere, non si dava per vinto.
Decise quindi di organizzare un contro rapimento. Invitò tutti gli Dei ad un banchetto. Zeus portò con sé proprio Ganimede che aveva l’ordine di servigli l’ambrosia. Preso dalla gelosia e per punire gli stessi Dei, venendo meno alla xenia, cioè alle regole dell’ospitalità, uccise Pelope, il suo stesso figlio e lo servì alle divinità. Quest’ultimi si resero conto, quasi subito, che nel piatto c’erano parti di un uomo. Solo Demetra non se ne rese conto e, secondo la mitologia, mangiò una spalla di Pelope.
Quando tutti si resero conto di quale misfatto aveva compiuto Tantalo, che non aveva mangiato, scoppiò il caos. Durante lo scandalo iniziale, il re prese sulle spalle Ganimede per rapirlo e portarlo via con sé. Il giovane aveva in mano ancora la bottiglia con all’interno l’ambrosia, cioè la bevanda che regala l’immortalità agli Dei.
Fu Zeus che riuscì a bloccare il rapimento e dove imprigionò Tantalo nel Tartaro condannandolo ad avere una fame eterna, in memoria dell’omicidio del figlio, e un’eterna sete, per il delitto di aver rubato l’ambrosia.
L’ira di Era, la moglie gelosa
Nella mitologia pare che comunque il giovane coppiere, Ganimede, nonostante fosse tra gli Dei e ricoperto dalle attenzioni di Zeus, non era felice. Lui era un umano che non poteva tornare dal padre e tra gli altri uomini. La sua permanenza nel mondo divino venne resa ancora più “amara” dalla gelosia di Era, la moglie di Zeus.
Venuta a sapere, da pettegolezzi di vario genere, che il marito era divenuto l’amante di Ganimede. Sospettò che cacciare via Ebe, sua figlia, dal compito di coppiera, fosse stato un abile trucco del marito per avere il bel giovane tutto per sé. Ciò voleva dire che l’uomo l’aveva notato chissà da quanto tempo. La sua gelosia quindi divenne odio. Era tentò di scacciare via Ganimede in tutti i modi, minacciandolo, spettegolando, prendendolo in giro, ma tutto ciò non ebbe successo. Lui aveva la totale protezione di Zeus.
Nel racconto pare che quando Zeus ebbe amato, usiamo questo romantico termine, Ganimede, decise di porlo tra le stelle facendo nascere la costellazione di Ganimede. Tale costellazione è vicinissima a quella dell’aquila che rappresenta Zeus quando lo rapì. Rappresentata da un giovane fanciullo con un vaso che versa acqua, tant’è che poi è la costellazione del segno zodiacale dell’acquario.
Pratiche sessuali dell’antica Roma e Grecia
Come abbiamo visto Ganimede non è certo un eroe, un guerriero o un mito di battaglia, ma rappresenta il tema complesso dell’amore. L’essere umano può amare senza confini tra uomo e donna.
Nella cultura romana e greca, parliamo di quella greca poiché è la più famosa, questo episodio, rappresenta la prima testimonianza del rapporto sessuale uomo-uomo. Scelta che era considerata normale in passato, ma con alcune differenze.
Sia a Roma che in Grecia l’omosessualità non era mal vista. Però in Grecia era più “segreta”, travestita da adepti, fanciulli o pupilli che venivano iniziati al sesso in modo da avere insegnamenti di saldo valore, ma di cui non si doveva parlare!
A Roma invece essa veniva vissuta liberamente purché, e qui dobbiamo sottolineare la situazione, ci fossero delle regole. La principale era che l’uomo potente o adulto doveva compiere l’atto sessuale dalla parte attiva. Mentre l’altro soggetto era la parte passiva. Per questo era “normale” che quest’ultimi fossero: schiavi, componenti di basso ceto sociale, servitori. Nel senso che erano soggetti che, agli occhi della società romana, non avrebbero mai potuto essere potenti!
Però c’è da dire anche che la pratica di Erastes ed Eromenosavveniva comunemente tra persone di alto ceto sociale perché in questo caso si parlava di un uomo adulto e di un giovane che ancora non era entrata nell’età adulta poiché non compiva atti sessuali. Cosa voleva dire? Che nonostante l’eromenos avesse avuto un ruolo passivo, siccome non era ancora uomo adulto, non poteva essere giudicato. Purché tali pratiche terminassero quando passava all’età adulta, vale a dire intorno ai 17 anni. Ciò spiega anche come mai gli eromenos aveva un “limite” di tempo per essere scelti!
Tale pratica indicava semplicemente l’iniziazione o il passaggio sessuale dei fanciulli che sarebbe cambiata in età adulta.
Da adulti la pratica quindi cambiava e da forma passiva si doveva passare a forma attiva. Questo voleva dire che l’omosessualità era comunque accettata e non giudicata.
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Platone contro Socrate
Il mito o leggenda di Ganimede offriva una visione dell’amore tra due uomini. Un amore che, per la filosofia e stile di vita antico, era più elevato di un rapporto con una donna poiché essendo una coppia di stessa natura ha stessi pensieri, passioni, interessi e valori. Platone studiò affondo la situazione e si servì del mito per comprendere tali sentimenti che vedeva spesso sia nella società, tra i suoi alunni e nelle corti reali.
Mentre Socrate nega che il ragazzo sia stato l’amante carnale del Dio, dandogli una interpretazione più platonica, vale a dire che Zeus amava l’anima, la mente e la psiche del ragazzo. Però qui torniamo a dire che Socrate, in base agli scritti sulla sua vita, era un Erastes e sono molte le testimonianze che comprovano la sua omosessualità o bisessualità. Aveva una moglie, ma non ha mai avuto un’altra amante donna, però ha avuto molti amanti uomini in cui lui, sempre secondo le tesi sugli scritti della sua vita e dei suoi allievi, era la parte passiva. Cosa non accettata per le regole dell’epoca! Per questo era uno dei più accaniti sostenitori della storia in cui Ganimede non poteva essere l’amante di Zeus perché erano 2 uomini.
Segno Acquario e costellazione Ganimede
Da notare che alcune caratteristiche di questo amore sono poi caratteristiche che ritroviamo nel segno zodiacale acquario. Quest’ultimo è un segno zodiacale molto passionale, legato al sesso e alle sensazioni. Purtroppo non è un segno fedele perché vuole continuamente nuovi stimoli. Ricorda quindi la storia di Zeus che, stancatosi del giovane, lo lascia andare tra le stelle.
Inoltre vediamo che il segno zodiacale acquario è servile con chi ama, romantico.
Significato di Ganimede
Arriviamo a conclusione! Abbiamo iniziato il racconto affermando che Ganimede rappresenta 3 tipologie di amore: bellezza, giovinezza, omosessualità!
La bellezza: questo è un concetto filosofico interessante. Noi tutti abbiamo diversi concetti di bellezza ed essa cambia anche in base alle culture o diverse etnie. Ciò che è bello suscita passioni che non hanno un senso per la società, sono semplicemente istintivi! Il desiderio nasce appunto da quello che vediamo e Ganimede esprime questo concetto.
Giovinezza: la giovinezza è un altro concetto interessante. Essa piace perché dura poco. Nella fascia di età adolescenziale, si scoprono nuovi interessi, iniziamo a interessarci e a scoprire la sessualità che dona piacere. Tutto è nuovo, qualsiasi esperienza quindi, diventa una cieca passione, qualcosa che infiamma. Per questo tutti siamo innamorati della giovinezza che ci fa vivere emozioni mai provate, intense.
Omosessualità: qui il concetto è duplice! L’amore carnale tra uomo e donna, uomo e uomo o donna e donna, ha diversi aspetti che variano. L’attrazione o il piacere può essere intenso, ma c’è da dire che quando si parla di una coppia dello stesso sesso, dobbiamo dare ragione a Platone, avendo gli stessi pensieri, passioni, idee, l’amore potrebbe essere più intenso e passionale.
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Articolo scritto e pubblicato da: IL BOSCO DELLE STREGHE
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