Chi era Iupiter Feretrius, protettore dei giuramenti – mitologia romana
Iupiter, o Juppiter, significa “padre del cielo” ed è il nome di Giove (Iovis), re di tutti gli dei nella religione romana. Feretrius era un suo epiteto, che significa “colui che colpisce” o “colui che ferma con la sua potenza”.
Giove era una divinità italica del cielo, della pioggia, della folgore, del tuono e dei temporali, corrispondente al dio etrusco Tinia, con gli stessi attributi. Entrambi erano associati al dio greco Zeus. Giove era figlio di Saturno e della dea Opi e rappresentava la principale divinità dello Stato romano, il protettore della città di Roma, finché non fu offuscata dal cristianesimo.
Iupiter Feretrius aveva un tempio sul Campidoglio, che pare sia stato costruito da Romolo dopo la fondazione di Roma, quindi fu il primo tempio edificato in suo onore.
A lui venivano sacrificate le spoglie del nemico caduto in battaglia e nel suo nome si compivano sacri giuramenti, in quanto era il testimone divino del giuramento, della giustizia e del buon governo, nonché del rispetto dei trattati di pace e di guerra. Giove era il simbolo più elevato nella comunità politica, che si reggeva sul diritto e sulla lealtà, dispensatore di potere e garante della buona fede (Fides). Come divinità di stato, divenne Iupiter Optimus Maximus (il più Grande). Giove ebbe molti nomi con cui veniva venerato, tra cui Iupiter Victor (Giove vittorioso), Iupiter Redux (protettore dei reduci), Iupiter Salutarix (che dà la salute), e Iupiter Almus (che conforta).
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GIOVE, ROMOLO E REMO
Iupiter o Giove, è descritto come un uomo maturo ma giovanile, con lunghi capelli ondeggianti e barba. Rappresentato seduto su un trono, con un’aquila (animale a lui sacro e simbolo dell’esercito romano) vicino, un lungo scettro o dei fulmini tra le mani.
A volte, è raffigurato mentre guida una quadriga trainata da quattro cavalli bianchi. Esistono molti suoi templi si trovano ancora oggi in tutta la penisola italiana. Spesso la sua figura è in piedi, imponente e maestosa, simile alla pianta a lui sacra, la quercia. Durante le sue numerose feste annuali, gli si offrivano rami di quercia, ghiande e pane di farro.
Secondo la tradizione, Romolo, figlio di Marte, prima di ottenere degli auspici, che consistevano nell’osservazione degli uccelli per avere dei presagi premonitori da Giove, fece un piccolo altare vicino alla sua capanna sul colle Palatino e vi offrì un sacrificio al dio.
Suo fratello Remo, invece, scelse l’Aventino e si misero entrambi in attesa dei segni per la fondazione della città. Remo fu il primo a vedere sei avvoltoi, mentre Romolo ne vide dodici, interpretando ciò come un segno degli dei e decidendo che sarebbe stato lui a fondare la città. La storia narra che, dopo una lite col fratello, Romolo lo uccise e così cominciò la storia della città eterna.
Romolo, insieme alla città, fondò due culti: Iupiter Feretrius e Iupiter Stator. Inizialmente, questi erano due fanum (terreni consacrati alle divinità o boschetti), solo in un secondo momento furono costruiti due piccoli templi. Iupiter Feretrius riceveva le spoglie del nemico di Romolo, mentre il secondo tempio aveva il compito di impedire la fuga ai combattenti durante la battaglia. Questi templi vennero venerati soprattutto durante le numerose battaglie intraprese per ingrandire la città.
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Sacrifi e offerte a Iupiter Feretrius
A Iupiter Feretrius venivano sacrificati soprattutto bovini. Un toro bianco con corna dorate veniva offerto alle idi di ogni mese, così come un agnello, una capra o una pecora. Gli animali dovevano essere bianchi e il sacrificio imponeva regole precise: gli animali non dovevano avere difetti nella colorazione del manto.
L’animale veniva sgozzato sull’altare del dio e le sue carni erano divise tra i sacerdoti e i poveri della città. Oggi, il dio Giove è adorato da gruppi di ricostruzionismo pagano che aspirano al recupero delle antiche religioni. I seguaci di queste culture si incontrano in grandi festival annuali, indossando abiti storici ed eseguendo rituali antichi.
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Articolo scritto e pubblicato da Il bosco delle streghe.