Mamuthones: la vera storia della temibile maschera sarda
La maschera dei Mamuthones appartiene alla Sardegna. Maschera tradizionale sarda che richiama antichi rituali con i dii selvaggi delle foreste e delle lande sconfinate. Appartiene alla credenza naturale e primordiale, collegato, per il suo aspetto, al dio Fauno, ma nella forma più cruda e violenta.
Qui ci si ritrova a vivere in un carnevale antico, non contaminato dal cambio della società.
Se vuoi vedere il video completo e ascoltare la storia sul Mamuthones, spirito e demone maligno antico, maschera sarda che si collega a energie ancestrali visita il nostro canale “Il bosco delle streghe” su Youtube: https://www.youtube.com/watch?v=akT44SjLuJ8
I Mamuthones sono, ancora oggi, oggetto di studio poiché la loro origine è avvolta nel mistero, ma la cosa che più è interessante e anche controversa è che delle maschere uguali a questa si ritrovano nel Nord Europa. La domanda poi è unica: com’è possibile che tale maschera, presente in una Sardegna staccata dal resto del continente Europeo, rimasto selvaggio e incontaminato, si ritrovi poi a centinaia di chilometri?
Tra le teorie più accreditate si parla di una divinità primitiva e di un significato di sottomissione!
Origine dei Mamutthones
L’origine del Mamuthones è tra le più antiche poiché risale all’epoca nuragica, vale a dire tra il 1700 e 700 A.C.
Il mistero inizia dal suo nome, Mamuthones. Esistono
Inizialmente il suo nome era: Mamuthone, almeno questo è quello che si pensa in seguito a sole 3 scoperte nei nuraghi che parlano del dio che poi ha fatto nascere la maschera. Tale nome però deriva a sua volta da un due parole: Melan, che significa nero e Eimones, che significa: spiriti o demoni. Tradotto quindi dovrebbe significare: Spiriti o demoni neri.
Essi erano spiriti ancestrali, cioè anime degli antenati che sono un tramite o intermediario tra il mondo terreno e quello ultraterreno. Si credeva che dopo la morte l’anima o l’energia del defunto, non scomparisse del tutto, anzi rimanevano presenze sottoforma di spirito. Per accoglierli era necessario avere, in parte, il loro stesso aspetto e in questo modo si riceveva benevolenza, messaggi utili per la Comunità o si purificava l’ambiente circostante.
Gli spiriti ancestrali poi tornavano in terra, tra i loro parenti o nella Comunità di appartenenza, per assicurarsi il benessere di chi era un discendente. Per farlo però essi si mascheravano e fu per questo, per evitare che tali spiriti si allontanassero, che ci si travestiva. Tale ritorno avveniva durante determinati culti, uno dei più famosi era quello dei culti dionisiaci, che sono poi i giorni del nostro attuale: carnevale!
Il Mamuthones è quindi legato ai riti dionisiaci, il nostro attuale carnevale. Infatti è proprio in questo periodo che lo ritroviamo sfilare con la sua figura spaventosa e ambigua.
Una seconda versione dice che la parola Mamuthones derivi dal termine: Mommoti, cioè “l’uomo nero”! Però anche qui troviamo una connessione con un antico dio, di origini fenicie, cioè: Maimone, divinità delle piogge.
In queste versioni per comprendere l’origine del nome vediamo che c’è un collegamento comune, vale a dire: propiziare la fertilità!
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Maschera del Mamuthones: legno di Pero
Tra le curiosità più affascinanti di questo personaggio è la richiesta specifica di una maschera di legno di Pero.
L’abito di questa maschera è composto da 3 elementi:
- Maschera di legno annerita, nera
- Pelli di pecora nera
- Campanacci
Il legno del Pero selvatico, già all’epoca dell’antica Roma, era un legno sacro perché era il simbolo di seduzione e amore. Albero sacro albero sacro a Persefone e Dionisio, gli Dei dell’oltretomba
Tornando però all’età nuragica, vale a dire nell’età del bronzo, questo albero era sacro ad un Dio della fertilità. La pera ha una forma fallica che tutti conosciamo e proprio per questa forma, era considerato un albero sacro, di legni sacri, al Dio della fertilità e fecondazione.
La maschera è un mezzo di possessione, un tramite tra il mondo terreno e ultraterreno, come a dire che con la maschera era possibile vedere l’invisibile.
Però facciamo una domanda: Qual è il motivo per cui, già presso i nuraghi, era obbligatorio che il Mamuthones avesse la maschera di legno di pero? Perché questa è una maschera sacra, usata in riti propiziatori con movenze ben definite. Possiamo dire che era un abito sacro!
Inoltre pare che le 3 caratteristiche dell’abito richiamassero la primitiva figura antecedente al dio Fauno, Dio dei boschi, della sessualità selvaggia, ma soprattutto della fecondità. Il Fauno è poi stato colui che ha cresciuto il dio Priapo, il dio dal grande Pene.
Torniamo al Mamuthones:
La maschera di Pero nero significa: fertilità o fecondità che deve essere bruciante, veloce. Infatti la maschera veniva annerita dal fuoco e dal fumo.
Le pelli di pecora nera: il dio Fauno aveva le gambe caprine e le corna quindi potrebbe essere un richiamo a lui. Però è vero anche che la pecora o l’ariete erano animali importantissimi per la sopravvivenza poiché facili da allevare.
I campanacci: Vi avviso che qui si apre un mondo sul significato delle campane che spero di spiegare chiaramente in un altro video. Sintetizziamo che il suono dei campanacci richiamava l’attenzione degli spiriti ancestrali poiché il loro suono è ultraterreno. Gli strumenti che riproducevano suoni creavano musica è la musica era considerata magia perché quella era la voce del mondo ultraterreno. I campanacci sono stati i primi strumenti musicali alcuni ritrovamenti hanno datato questo “accessorio” oltre 20.000 anni A.C.
Concludendo vediamo che il Mamuthones è una creatura in grado parlare e richiamare spiriti ancestrali, propiziare la fertilità e onorare tali spiriti.
Oltre a questo c’è chi pensa che i mamuthones siano semplicemente uomini primitivi che, seguendo i cicli della natura, semplicemente vivevano, si vestivano e comportavano come gli animali. L’uso della pelliccia di pecora è stato utilizzato fino al 1940 dai pastori di tutta Italia per resistere ai freddi inverni sulle montagne. Dunque non è un’ipotesi da scartare quella in cui la pelle di pecora era uno dei primi abbigliamenti degli uomini nei nuraghi.
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Rito totemico del Mamuthones
Durante le sfilate di carnevale in cu ci son i Mamuthones si rispetta la marcia o danza macabra di questo personaggio, ma perché? Come mai poi, durante le esibizioni, essi vengono malmenati?
Si tratta di un rito totemico, cioè di una pratica religiosa tribale con un forte simbolismo. Un rituale propiziatorio pagano, legato ai riti agrari, cicli stagionali, iniziazioni e culto dei morti!
La marcia dei Mamuthones è pesante, ritmica, deve far rumore e consentire il suono dei campanacci. Quest’ultimi “suonando”, scacciano gli spiriti maligni. In molte culture arcaiche, il rumore aveva un valore magico per allontanare le influenze negative o spiriti maligni.
La maschera nera e l’andatura cadenzata ricordano anche i riti funebri, cioè i cortei o processioni eseguite quando si accompagnano i morti. Fino al 1600, era solito che i Mamuthones fossero presenti durante il trasporto dei morti presso i cimiteri. Usanza che suggerisce un collegamento con il culto dei defunti delle antiche popolazioni nuragiche. Dunque un rituale preistorico che però è sopravvissuto fino al 1600.
Dunque questa maschera non era solo usata durante i culti dionisiaci, ma rappresenta il collegamento con il regno dei morti e la possibilità di scacciare via gli spiriti maligni. Il rito totemico era quindi importante da svolgere almeno una volta all’anno e poi quando c’erano delle morti nella comunità di appartenenza.
Rito di Iniziazione: ultimo rito totemico
Prima di parlare di quest’altro rito totemico dovete sapere che i Mamuthones, quando sfilano durante i carnevali, eseguono un altro gesto tradizionale, vale a dire quello di prendere al laccio, per finta, le persone che ci sono.
Quest’azione che sembra di scherno, di scherzo, in realtà richiama l’altro rituale totemico che è quello del rito di iniziazione o passaggio dei giovani all’età adulta.
I bambini che crescevano, per essere componenti validi della Comunità, dovevano dimostrare la loro forza e resistenza combattendo e dominando un ariete. Questo voleva dire che dovevano prima catturarlo e poi sottometterlo fino a quando esso non si calmava. La pratica era quella di stendere a terra l’ariete e mantenerlo giù finché non si calmava. Per farlo occorre molta forza fisica, una buona manualità nel controllare questi animali.
Solo i ragazzi che vi riuscivano erano poi considerati uomini. Tale rituale si eseguiva una volta all’anno e coloro che non vi riuscivano dovevano attendere un altro anno per poi riproporsi come uomini adulti.
Tale tradizione è rimasta come gesto scherzoso delle maschere dei mamuthones durante il carnevale.
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Evoluzione del Mamuthones in epoca romana
Negli studi eseguiti nell’epoca romana, su questa figura si è scoperto quale fosse il rito di fertilità antichissimo da loro eseguito. Esso ricorda la passione e la morte del dio Dionisio, divinità della vegetazione, che si sacrifica e muore ogni anno per poi rinascere. Le maschere sono coperte di pelle, accessorio usato per richiamare la pioggia e quindi la fertilità della terra che germina e produce. I mamuthones sono completamente neri e il colore che richiamano gli inferi, l’Ade.
La danza è una ritmata da campanacci che con il loro suono vogliono allontanare gli spiriti del male. I piccoli saltelli servono a ricordare il passaggio e il collegamento con il divino che ricorda un aspetto di Dionisio, cioè quello di un bue e di un capro nero, la cui pelle compone il vestito.
Questa consacrazione era fatta nelle calende di gennaio, cioè nelle processioni pagane tipiche di questo periodo. Con il cristianesimo furono abolite e vietate, ma al loro posto vennero inseriti santi cristiani.
Le calende di gennaio coincidono con la festività di sant’ Antonio Abbate, quando iniziano le festività del carnevale e in passato iniziavano i giorni dei culti a Dioniso.
Mammuthones in altre parti d’Europa
In italia si pensa che questa maschera tradizionale appartenga interamente alla Sardegna, ma allora come mai la ritroviamo anche in altre parti d’Europa?
A Canton Appenzello Esterno (Svizzera nord-orientale) esiste la maschera Mamoiadina indossata a Silvesterkläuse, cioè a capodanno. Intanto notate la similitudine del nome: Mamoiadina e Mamuthones. Anche in questo caso si parla di esseri che sono ricoperti da pelli di pecora oppure da mantelli di paglia essiccata. Indossano poi maschere scure che però, da circa 100 anni, sono diventate più chiare e umane. Però nel 1800, in alcune foto storiche, la maschera originale era annerita dal fuoco e dal fumo. Sono molto somiglianti al Mamuthones ed è strano data la distanza.
La maschera Mamoiadina richiama energie di cambiamento e rinnovamento, del vecchio e del nuovo, ecco come mai si esibiscono a capodanno. Però anche cui troviamo un concetto similare al Mammuthones, vale a dire quello del rinnovamento della ciclicità stagionale.
Ora ci spostiamo in Bulgaria dove c’è la maschera Kuker della tradizione bulgare essa è correlata agli antichi rituali di Alban Eiler cioè la rigenerazione della luce primaverile, coollegata all’equinozio di primavera.
La maschera del Kuker è composta da una pelliccia di animale che viene indossata ed una maschera che, in questo caso, è più lavorata possedendo un’espressione triste, ma sempre con una colorazione in prevalenza nera. Inoltre essa era presente nei rituali di Alban Eiler tra febbraio e marzo proprio quando a Roma c’erano i culti di Dioniso che avvenivano tra febbraio e marzo. Oltre ad essere i giorni dei festeggiamenti dell’arrivo della primavera in Sardegna.
Coincidenze oppure si parla di una cultura primitiva che è cambiata in diverse parti del pianeta, ma con una radice comune? Voi che ne pensate?
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Mamuthones e i Mori
Fu intorno al primo medioevo, vale a dire nel 500 D.C più o meno che la storia del Mamuthones venne soppressa e sostituita da una situazione che eliminava l’elemento pagano, cioè il Dio primitivo, e mostrava una realtà politica. In questo periodo la chiesa stava aumentando il suo potere e quindi era intenta a sopprimere una memoria religiosa antica e primitiva come quella pagana.
In quest’ultima versione, che poi è la più famosa, ma non si riscontra con le date della nascita dei Mamuthones, diventano protagonisti i Mori.
La Sardegna, come altri parti d’Italia, era spesso visitata da pirati Mori, Turchi e Saraceni. Essendo poi di un’etnia dalla pelle scura, ecco che si possono collegare, in mal modo, alla maschera dei Mamuthones.
Ad ogni modo la leggenda narra che Alcuni pastori Sardi che vivevano sulle montagne della Barbagia, catturarono 4 saraceni. Li spogliarono dei loro abiti e turbanti e li vestirono con pelli di pecora e con un fazzoletto attorno al volto per mantenere le pelli sulla schiena. Gli misero poi dei campanacci e li obbligarono a sfilare per le strade vicine in modo da mostrare che a vincere erano stati il popolo Sardo.
I saraceni, che hanno una tipologia di pelle scura, diedero quindi vita al mamuthones. La marcia di umiliazione poi diede vita alla sfilata silenziosa e triste di questa maschera tradizionale della sardegna in modo da rappresentare la: lotta tra dominatori e vinti.
Ci sono diversi punti interrogativi. Intanto questa maschera è stata riscoperta, con incisioni, in grotte e presso alcuni nuraghi ben conservati. Esiste una spiegazione di natura religiosa pagana in ogni loro gesto, aspetto e dettaglio.
Infine fu la chiesa che nel 500 D.C vietò interamente i culti pagani e quindi questa storia potrebbe semplicemente essere stata inventata per intero in modo da dare alla popolazione sarda un motivo per poter continuare a far vivere un personaggio tradizionale che non veniva dimenticato. Torniamo a dire che di questi esempi di “accorpamento” delle tradizioni locali, ne esistono tantissimi.
Ovviamente ognuno ha la sua opinione, io ho la mia, ma tu che ne pensi?
Guarda il VIDEO per intero sul nostro canale youtube di “Il bosco delle streghe”, eccoti il link: https://www.youtube.com/watch?v=akT44SjLuJ8
Articolo scritto e pubblicato da: IL BOSCO DELLE STREGHE
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