Marte: padre di Roma, progenitore del popolo romano
Marte, in latino Mars, dio della guerra e dei duelli, del vigore e virilità, della forza militare e giovanile.
Anticamente, in base agli studi che ancora oggi vengono eseguiti, si pensa che Mars era una divinità etrusca che si chiamava Maris.
Tuttavia è una tesi ancora oggi discussa poiché, le prime popolazioni italiche, avevano già un dio della guerra. Quindi è possibile che ci siano delle somiglianze con il nome, ma che si parli di due divinità diverse. A dirla tutta la verità la sa solo il passato.
Mars, divinità romana, ancora prima della nascita della stessa Roma, era considerata come una divinità (senza sesso, quindi né uomo e né donna) della fertilità agraria e pastorale. Rappresentava la forza germogliante della natura e della primavera che vinceva il triste inverno.
Tant’è che il suo culto era rappresentato appunto dal germogliare degli alberi e delle piantine. Dunque, la sua prima rappresentazione, era la vittoria della primavera sul freddo inverno, che è come a dire: la forza della vita sulla morte.
Tra i suoi poteri principali c’erano quelli di comandare gli eventi atmosferici, le piogge e i temporali.
Marte è associato al più feroce e battagliero dio greco Ares, nella mitologia greca, che rappresentava più la furia e la devastazione della guerra, il terrore e lo spavento in battaglia.
NASCITA DI MARS
La leggenda della sua nascita è avvolta, in parte, nel mistero. Sono tante le storie, ma una delle più accreditate è quella che ci parla della coppia divina, madre e padre, Giunone e Giove.
Giunone era gelosa che Giove avesse generato Minerva da solo. Prima però apriamo una piccola parentesi, in realtà Minerva era la bambina che era nel grembo della prima moglie di Giove, la saggezza, ingoiata viva dal marito. Costui temeva che nascesse un maschio che lo avrebbe spodestato, per questo divorò sua moglie sperando che essa non avrebbe procreato. Invece Minerva nacque dalla testa di Giove e, una volta adulta, essa “esplose” letteralmente fuori.
Tornando a parlare della nascita di Mars, vediamo che appunto Giunone era gelosa, gelosa pazza, furiosa, del fatto che Giove avesse dato alla luce, da solo, proprio Minerva. Lei chiese aiuto alla dea Flora, divinità della fioritura e della primavera, che gli indicò un fiore che al solo toccarlo metteva incinta qualsiasi donna. Giunone toccò con il fiore e la pancia della dea si gonfiò immediatamente.
Nel suo grembo stava crescendo Marte o Mars. Però, Giunone, temendo l’ira di Giove decise di affidare il neonato a Priapo, il dio dal grande Pene. Quest’ultimo fu il mentore di Marte che lo crebbe facendogli conoscere le arti del combattimento, dei duelli, dello scontro, la furia e il piacere della battaglia.
C’è anche una seconda versione che però mette in discussione la fedeltà di Giunone. Quest’ultima, piangendo disperata per l’ennesimo tradimento di Giove, e non rimanendo incinta, venne notata proprio da Priapo che rappresenta la virilità selvaggia, ma anche padre dei boschi. Non potendo assolutamente toccare la sacra Giunone, questa divinità spruzzo dello sperma su delle piante su cui Giunone, sbadatamente, si andò a stendere esasperata dal pianto. Il seme di Priapo diede vigore alle piante e quest’ultime, germogliando, misero incinta Giunone in pochissimi giorni.
Tant’è che questa versione poi si ricollega perfettamente al mito che Mars, prima di divenire il dio della guerra, era il dio della germogliatura.
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La vera natura d Marte nei matrimoni
Continuando a parlare di Marte, c’è una questione, un’antica credenza che è vecchia almeno quanto l’idea dell’unione tra uomo e donna.
Il matrimonio, rappresentato da Giunone, indica appunto un’unione che è per sempre con un uomo. La coppia crea una famiglia, fa dei figli, ma anche se non li ha la loro unione rimane come atto sacro e devozione. Però nel corso degli anni, l’odio che si crea tra marito e moglie, è un qualcosa quasi di normale, di scontato. Oggi lo si chiama: l’odio coniugale, almeno in psicologia. Esso può poi evolversi fino a far separare del tutto la coppia e quindi si passa al disinnamoramento oppure viene tollerato in una sorta di pace da entrambe le parti. Ebbene Marte potrebbe rappresentare semplicemente quella guerra in famiglia che è violenta e passionale, ma che poi termina. Solo che la “guerra” è un concetto che ritroviamo sempre nell’essere umano, uomo e donna, esistono piccole guerre personali e poi ci sono quelle tra diverse popolazioni.
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Triade: capitolina
Il dio Marte insieme a Quirino e a Giove, formavano la prima triade antichissima, cioè: la triade precapitolina. Più tardi fu sostituita dalla triade capitolina composta da Giove, Giunone e Minerva. Esse sono le divinità che proteggono la città di Roma, i suoi valori e lo stile di vita.
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Il padre di Romolo e Remo
Sono tante le leggende che narrano le gesta di Marte. Una delle quali lo colloca come il progenitore del popolo romano, il padre di Romolo e Remo.
Rea Silvia, figlia di Numitore, figlio del re Proca discendente di Enea, fu costretta dallo zio Amulio, che usurpò il trono del padre e ucciso suo fratello, a diventare una vestale della dea Vesta. Ciò la obbligava alla castità. In questo modo era impossibile che lei avesse una sua discendenza diretta che, un giorno, avrebbe reclamato il potere e quindi gli avrebbe usurpato il trono.
Però Rea Silvia era anche una fanciulla bellissima che fu notata da Marte che se ne invaghì e la sedusse in un bosco. La vestale rimase incinta e cercò di nascondere la gravidanza allo zio allontanandosi dalla colonia, di molta gente, di cui faceva parte. Accentuiamo il fatto che non esisteva ancora Roma, ma solo colonie o villaggi di gente che spesso si raggruppavano in determinati luoghi.
Rea Silvia diede alla luce due gemelli. Temendo per la sua vita poiché se si fosse venuto a sapere della gravidanza e della nascita dei bambini, lo zio avrebbe ucciso lei avvalendosi del fatto che era una vestale che era venuta meno al suo voto di devozione alla dea Vesta, e poi avrebbe ucciso i bambini. La punizione per coloro che appunto venivano meno ad un voto ad una divinità era la morte con sacrificio di fronte a tutta la popolazione invocando quindi il perdono della dea. Allo stesso tempo anche i neonati venivano sacrificati allo stesso modo poiché erano la prova di un oltraggio agli Dei.
La donna decise quindi di abbandonare i bambini sulle rive del Tevere.
La lupa di Roma
I pianti dei bambini vennero uditi dal padre, il dio Marte, che inviò una lupa per farli vivere. La lupa li prese tra le sue fauci e li trasportò in una grotta allattandoli e proteggendoli finché un pastore, di nome Faustolo, li trovò e li porto con sé.
In alcune versioni si narra che la lupa venne uccisa, ma in altre si racconta che fu la stessa lupa a condurre il pastore nel suonascondiglio e nel corso degli anni vide crescere i due gemelli da lontano, proteggendoli e dandogli consigli.
Un’altra versione della nascita dei due gemelli invece ci racconta che Romolo e Remo erano figli di una peripatetica o prostituta. Quest’ultima era una povera fanciulla, di grande bellezza. Rimasta sola al mondo. La madre morì di parto mentre il padre morì, quando lei era una bambina, in una lotta con un altro pastore. Nei suoi ultimi momenti di vita, l’uomo invocò il dio della guerra richiedendogli di vegliare sulla figlia poiché lui stava morendo proprio in battaglia.
Quando la bambina divenne una fanciulla, dall’indubbia bellezza, ma senza alcun sostentamento, decise di prostituirsi per sopravvivere. Però alla fine anche Marte si invaghì della ragazza e un giorno, in un bosco, in primavera, sedusse la giovane che diede alla luce 2 gemelli.
La voce del Tevere
Arriviamo poi all’ultima versione che è forse quella più nota. Le prostitute o peripatetiche, a roma, erano semplicemente chiamate: Lupe. Il termine Lupa era la parola che appunto significava prostituta.
Un giorno una lupa si trovava sulle sponde del Tevere e la sua attenzione fu colpita dal pianto di due neonati. Avvicinandosi alla riva noto 2 bambini gemelli. La donna fece per andarsene, ma la voce di Marte la fermò.
Secondo alcune incisioni, sparse ovunque a Roma, che da sole non hanno senso, ma insieme formano un unico pensiero, sembra che Marte si trasformò nel gorgoglio del Tevere e parlò direttamente alla Lupa.
“Tu donna che sopravvivi alla vita, come un guerriero sopravvive alla battaglia, come puoi voltarti al pianto di chi non ha armi per difendersi?”
A questo punto la donna venne colta da un forte rimorso e decise di prendere con sé i due bambini, sfamandoli e facendoli crescere sani e forti.
In tutte le versioni c’è un destino comune nelle donne che crebbero i bambini. Nella prima versione che vede madre dei bambini Rea Silvia, pare che la donna, dopo il parto, avendo dolori atroci si confidò con un’altra vestale. Quest’ultima avvisò lo zio Amulio che catturò Rea Silvia e la gettò nel Tevere facendola annegare. La voce del Tevere che chiese alla Lupa di salvare i due neonati potrebbe quindi essere la voce della stessa Rea Silvia.
Un’altra versione invece dice che la donna venne rinchiusa in una grotta, insieme ai bambini che vennero trovati e che, qualche giorno dopo, un pastore, che si trovava a passare di lì, sentendo la voce dei bambini si avvicinò. La donna, ormai allo stremo delle sue forze, sedusse il pastore estorcendogli la promessa di portare via con sé i due bambini e farli crescere come i suoi. Quindi qui la lupa, che si prostituì per salvare i bambini, potrebbe essere la stessa Rea Silvia.
Romolo e Remo: figli di Marte
Roma è legata strettamente alla leggenda dei suoi fondatori, cioè i due gemelli: Romolo e Remo. I bambini, una volta cresciuti, entrarono in lotta tra di loro per chi dovesse fondare una nuova città. Chiesero aiuto agli Dei per arrivare ad una decisione definitiva. Fu Romolo a fare tale supplica poiché Remo era troppo orgoglioso. Gli venne detto che chiunque avesse visto più uccelli in volo sarebbe stato il fondatore della nuova città. Tali uccelli sarebbero stati inviati dagli stessi Dei. Marte, che vedeva in Romolo, la sua astuzia, coraggio e lotta in battaglia, inviò a Remo 6 uccelli e a Romolo 12. Il numero 12 indicava poi le 12 divinità principali della mitologia romana. Da questa storia poi nacquero anche gli Augure e l’arte della divinazione nota come: ornitomanzia.
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Nasce la città di Roma
Romolo fu colui che tracciò il primo solco della città di Roma. Remo invidioso della preferenza degli Dei verso il fratello, gli fece l’affronto di oltrepassare il solco e a questo punto, Romolo lo uccise. Da questo momento in poi ci fu la sua discendenza del popolo romano.
Marte era un dio amato dai romani che vantano discendenze divine. Nel primo calendario romano marzo era il primo mese dell’anno che prese il nome direttamente da Marte. Qui le feste erano riservate al Dio e si svolgevano in questo periodo in cui si risvegliava la natura.
I suoi sacerdoti indossavano le uniformi militari e danzavano in suo onore. Unita a Marte, nel periodo del massimo potere dell’impero romano, si festeggiava anche Minerva. Lei venne identificata come dea della guerra, in parte era vero, ma con grandi differenze. Marte era il dio delle battaglie, dei soldati, dei combattimenti sanguinosi e violenti. Mentre Minerva era la dea delle lotti più calme o politiche, quelle in cui si usa spesso la parola e non la spada.
L’animale sacro a Marte era il picchio dal becco forte, come una spada, che riusciva a forare il legno. In alcuni templi lo si usava come oracolo appollaiato su un tronco. I sacerdoti studiavano i suoi movimenti per trarne auspici. Qui torniamo quindi a parlare della leggenda degli Augure, che trovare nell’articolo linkato sopra che parla di: Ornitomanzia.
Un altro animale a lui sacro era ed è il lupo. Nella battaglia di Setinum 295 a.C. l’apparizione del lupo di Marte fu un segno di vittoria per i romani.
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Articolo scritto e pubblicato dal Bosco delle Streghe.